Human Design descrive in dettaglio come funzioni, come funziona il tuo veicolo fisico e come funziona la tua psiche. Non ti dice chi sei, al contrario ti da modo di verificare che buona parte di ciò che credi di essere è falso. Ti rivela come, al tentativo di definire chi sei, la tua mente risponde con qualcosa che alla fine si può ricondurre sempre ad una maniera di proteggerti, di nascondere le tue vulnerabilità, di nascondere la tua umanità, agli altri e, quello che è peggio, a te stess@.
Inoltre ti rivela come la risposta alla domanda ‘chi sei?’ non può essere una risposta concettuale, astratta, descrivibile a parole, ma al contrario può essere solo organica, una esperienza, quotidiana. In questo senso Human Design ti educa a ‘pensare pulito’, pensare con le radici in ciò che vivi e senti ogni giorno invece che in ciò che razionalizzi teoricamente, che ricordi di ieri o che immagini e progetti per domani.
Questa rivelazione che all’inizio può dare un senso di vertigine si trasforma nel tempo una vera liberazione. La liberazione dalla ricerca incessante di un proposito o se preferisci di un senso alla tua vita, per scoprire che il suo senso emerge da solo senza che tu debba sforzarti di cercarlo o definirlo, emerge da ciò che sei.
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Per il tipo aurico Generatore la domanda ‘chi sono?’ è fondamentale per sintonizzarsi con la propria disponibilità di energia e risposta sacrale di soddisfazione, in altre parole, l’aspetto fondamentale che definisce ciò che sono è -ciò a cui rispondo-. Quando questo tipo si afferra ad una risposta mentale, questa risposta sembra determinare ‘cosa posso o non posso fare’, nella sua distorsione di falso Manifestatore.
Per il tipo Proiettore questa domanda diventa facilmente un buco nero in cui la sua consapevolezza penetrante precipita e si perde nei condizionamenti e nelle maschere che indossa senza saperlo alla ricerca di un riconoscimento da parte degli altri. Per questo motivo per un Proiettore è fondamentale comprendere come funzionano gli altri, perché solo negli altri può riconoscere che cosa ha a che fare con la propria vita e cosa no.
Per il Manifestatore una risposta mentale a questa domanda di solito sembra definire ‘cosa devo o non devo fare’, in altre parole l’immagine che ha di sé può diventare una gabbia in cui si trova imprigionat@ e che lo/la limita e distrae dal vedere come e su chi ha un impatto.
Per il Riflettore la domanda ‘chi sono?’ che spesso, quando riceve una risposta mentale, termina nel disappunto di ‘con chi mi tocca avere a che fare’, può trasformarsi invece in un gioco, il gioco del ‘chi sono oggi?’, la sorpresa di vedere in che modo il programma e l’ambiente in cui vivo hanno un influenza sul modo in cui interagisco con l’esterno in modo differente ogni giorno.
In sintesi per nessuno dei quattro tipi una risposta mentale alla domanda ‘chi sono?’ (o di fatto a una qualunque altra domanda) può determinare il modo di comportarsi nella vita, né può rivelare il proposito individuale o il senso della propria esistenza, ma piuttosto tende a rafforzare ulteriormente la distorsione nella propria traiettoria, fisica così come cognitiva.